L’internet delle cose sta cambiando il mondo in cui viviamo. Serrature intelligenti che si controllano con un’app da smartphone. Termostati e sistemi di illuminazione smart che si accendono e si spengono per risparmiare sui costi dell’energia. Altoparlanti da ufficio che rispondono ai nostri comandi vocali. 

Anche in Italia crescono a vista d’occhio, nella città e nelle imprese, i dispositivi connessi di quello che in gergo si chiama Internet delle Cose (IoT).

Innovazione e cambiamento grazie a Internet

L’innovazione portata dalle nuove soluzioni tech e da ambiti che una volta veniva difficile definire, invece di subire un rallentamento nel mondo post-pandemico, sta accelerando senza precedenti. 

Internet of Things (IoT) nella definizione italiana di Internet delle cose, nasce dall’esigenza di estendere i benefici dell’utilizzo di Internet dalle persone alle “cose” appunto. Ossia a oggetti che fanno parte della nostra quotidianità domestica o lavorativa. Il protagonista indiscusso di questa materia è il dato che l’Internet delle cose rende fruibile e necessaria una maggiore comprensione del mondo reale. Aiuta ad estrarre informazioni utili dai processi decisionali e spinge le imprese a intraprendere percorsi di innovazione digitale.

Ecco che il focus si sposta dall’uomo all’oggetto, il quale viene informatizzato e messo in rete. Così avviene per i personal computer, i tablet e gli smartphone, ma anche per strumenti come portachiavi, lavagne e utensili domestici. Secondo le stime di Gartner, grazie alla connessione degli oggetti, entro la fine di quest’anno il numero dei dispositivi IoT in rete salirà a 20,4 miliardi superando il 2019 di oltre il 50%. Cifre vertiginose che fanno comprendere come la rivoluzione digital-tech sia solo agli albori.

Ma come applicare le recenti novità e l’innovazione di questa affascinante disciplina nel mondo post-Covid?

Dall’IoT allo Smart Retail

Ecco dunque che si fa largo un nuovo concetto ovvero quello di Smart Retail.

In tempi non sospetti, il concetto di commercio al dettaglio aveva creato l’immagine di un’esperienza d’acquisto legata all’utilizzo dello smartphone. Tramite quest’ultimo, una volta all’interno del negozio fisico, si ricevevano notifiche con sconti e promozioni, dando la possibilità di pagare tramite il proprio device e uscire felici e soddisfatti.

Ma il quadro romantico che seguiva le orme dello Store di Amazon a Seattle, ha assunto una sfumatura diversa durante il segnante inizio di quest’anno. Sicurezza e controllo sono le nuove priorità di mercato imposte dall’emergenza sanitaria e dalla riapertura delle attività commerciali.

La nascita di nuove soluzioni

Figlie di quest’epoca stanno emergendo soluzioni disruptive che rivoluzioneranno il processo d’acquisto legato allo shopping tangibile. L’esigenza è quella di gestire i flussi di consumatori all’interno degli store, garantire il distanziamento sociale e l’equità del diritto all’acquisto.

Finix in questo senso, ha preso presto in mano le redini della situazione incorporando Ulisse all’interno del suo Hub tecnologico-innovativo. Ulisse è una soluzione ITless, che non necessita di particolari capacità di montaggio e configurazione. Grazie ai suoi sensori è in grado di rilevare il flusso delle persone all’interno di un ambiente misurandone la temperatura in movimento. I dati catturati da Ulisse sono in grado di comunicare in tempo reale al retailer come regolare i flussi e assicurare il rispetto delle norme e della buona condotta.

I commercianti del ventunesimo secolo si trovano inoltre, in una posizione a dir poco favorevole in quanto sono coloro che entrano direttamente a contatto con il consumatore. Le aspettative di quest’ultimo però sono cambiate nel corso del tempo e ciò che una volta bastava a farlo arrivare dritto alla cassa, ora si rivela una vera e propria missione. Velocità, qualità del servizio, esperienza d’acquisto sono valori fondamentali che non vengono più chiesti ma pretesi. Se il negozio fisico non soddisfa le aspettative ecco dunque che si diffondono fenomeni di showrooming, in cui il consumatore scruta il prodotto in store con occhio clinico e non appena giunto a casa acquista lo stesso prodotto tramite smartphone su internet.

Alle basi di un prodotto IoT

Se però è facile ragionare in termini di prodotto finito, pensare in termini di prototipazione e produzione dello stesso tempo risulta alquanto complesso.

Costruire un nuovo prodotto, specialmente in un territorio inesplorato, è rischioso. Questo è il motivo per cui si inizia il processo con un prototipo. La costruzione di prodotti Iot, trattandosi di un campo relativamente nuovo, può risultare complicata e macchinosa sia a livello hardware che software. Molto spesso infatti, le singole componenti elettroniche vengono costruite ex-novo e questo significa mettere in conto anche cicli di test più lunghi. 

Ciò implica la creazione di beta tester per poter ottenere feedback e apportare delle migliorie solo in seguito. Senza contare la bassa familiarità con questi prodotti per cui sarà necessario fornire istruzioni dettagliate sulla configurazione e sull’uso dei componenti. Il ciclo di test per ottenere dei feedback risulta dunque più lungo e più complesso rispetto a quello dei prodotti hardware e software tradizionali. Poter dimezzare i tempi di prototipazione per ottenere delle risposte dal mercato più velocemente, si configura quindi come un vantaggio strategico-competitivo che può accelerare il kick-off sul mercato.

La soluzione di Finix

Finix conosce le problematiche derivanti dai lunghi tempi di prototipazione e di test, per questo ha incorporato Briki, una schedina elettronica in grado di dimezzare i tempi di prototyping di prodotti elettronici conferendo ai maker un vantaggio strategico sul mercato.

Se da un lato parlare di innovazione spaventa perché si collega sempre ad alti investimenti che le PMI italiane non sempre possono permettersi, dall’altro il mercato tradizionale del contante e della sicurezza fai da te rischia di provocare un danno addirittura maggiore nel medio-lungo termine.

La pandemia ha sottolineato un problema che la globalizzazione aveva solo abbozzato: quello della sanità. Se è vero che non c’è un bene più prezioso, si dovrà considerare l’implementazione delle novità tech all’interno di attività sempre più strategiche e core.

Il privilegio dello scambio di dati tramite internet e reti veloci permette un grado di digitalizzazione e di aumento della produttività un tempo sconosciute. Basti chiedere a chi ha vissuto la prima metà del novecento per sentirsi dire che la novità del secolo è internet.  Perciò grazie Tim Berners-Lee per aver aver permesso una comunicazione interconnessa tra esseri umani di ogni dove; alla luce del nuovo secolo la palla passa agli oggetti.

Se in lockdown ci sentivamo soli, in realtà non siamo mai stati così vicini, dal momento che viviamo in un mondo che non include più solo noi esseri pensanti ma ogni cosa che ci circonda.

Viviamo nell’era dell’Internet di tutte le cose, l’Internet of Everything.

 

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