Oggi, possiamo dire di vivere tra le nuvole…anzi, nella “nuvola”, traduzione letterale del mediaticamente onnipresente Cloud. Nessun responsabile IT può ormai permettersi di ignorare il Cloud, né tantomeno di avere – ad un orizzonte più o meno lungo – una strategia efficiente per la migrazione al Cloud. Ed è giusto che sia così.

Il Cloud rappresenta non solo un potenziale di flessibilità, ma una promessa di ottimizzazione senza paragoni per il mondo dell’IT – e la tecnologia consente ormai di immaginare l’architettura ideale e scalabile adatta al bisogno aziendale di ogni istante.

Per fare un paragone: immaginiamo che invece di costruire autostrade, ponti e parcheggi, di installare semafori e rotonde, un sindaco potesse, ogni mattina, ridisegnare la viabilità della propria città a seconda del numero esatto di auto che circoleranno in quel dato giorno. È in questo ideale, possibile nell’IT, che risiede l’entusiasmo e l’hype che l’avvento del Cloud ha causato. Per gli utenti – cioè per dipendenti clienti e fornitori di ogni azienda – la sicurezza di avere sempre le risorse informatiche di cui si ha bisogno; per l’azienda, la sicurezza di pagare per ciò che si utilizza senza sprechi o sacche di costi inutili; e per tutti la sicurezza di operare in un ambiente protetto da attacchi e fughe di dati.

Ma se una cosa la tecnologia informatica ci ha insegnato, è che più aumenta la flessibilità dal lato dell’utilizzo, più aumenta la complessità dell’infrastruttura IT che sostiene l’intero edificio. Ed è qui che diventa difficile credere ad alcuni annunci e promesse dei cloud-provider, che fanno sparire tutta questa complessità e sostengono che basta affidarsi ad uno di loro per risolvere tutti i problemi e anzi liberarsi per sempre di ogni problematica di infrastruttura IT.

Chi ci ha creduto agli inizi – gli early-adopter – sta facendo marcia indietro, (come dimostrano i dati della cloud-repatriation degli ultimi 12 mesi). E chi stava per partire, ha deciso di concedersi ancora qualche tempo prima di intraprendere un viaggio di cui è difficile misurare la distanza e la durata precisa. Netflix, Uber, Dropbox, Airbnb, Sephora sono solo alcuni dei big che sono tornati sui propri passi dopo un passaggio al cloud pubblico integrale.

La soluzione pragmatica, quella che si sta ormai imponendo, è quella del cloud ibrido, dove il Cloud non è un’alternativa all’infrastruttura IT, ma ne costituisce una componente fondamentale. Il Cloud ibrido consente di sfruttare al meglio le potenzialità delle applicazioni native-cloud e della flessibilità del modello cloud, senza i rischi che il cloud integrale comporta. Con il cloud ibrido è possibile allocare con esattezza le risorse e il workload, orchestrare tutto ciò in funzione dei bisogni quotidiani, senza lasciare le proprie applicazioni business-critical e i propri dati (questa nuova ricchezza tutta da esplorare) in balia di un fornitore esterno.

Controllo e flessibilità: sono questi i sinonimi del cloud ibrido.

Oggi tutto ciò è disponibile – e necessario – non solo per le grandi multinazionali, per i gruppi con migliaia di dipendenti, ma anche per la piccola e media azienda italiana. È tutto questo e molto di più, quello che è in grado di offire FINIX Technology Solutions oggi, con i suoi punti di forza senza eguali:

  • 25 anni di esperienza nel mondo delle infrastrutture IT
  • L’esclusiva partnership con Fujitsu, uno dei maggiori fornitori al mondo di clod-native hardware e soluzioni
  • Un ecosistema di partner con le competenze adatte a qualunque progetto di migrazione al cloud

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